pomeriggio al fiume

Oggi preso da voglia improvvisa decido di andare a fare un giro lungo le rive della Sesia, a Vercelli, in fondo a corso Rigola. Sotto il ponte della ferrovia ci sono i soliti gruppi di ragazzini che bevono birra e flirtano: fanno tenerezza, le loro piccole prime trasfressioni. Poco lontano un paio di coppie, due ragazzi hanno portato i loro cani a correre e a sguazzare nell'acqua. In più i soliti vecchietti che girano in bicicletta sugli argini.
Tutto normale. Tutto? Non proprio. Sul basamento del terzo pilone il primo topless della primavera. Una donna sulla quarantina prende il sole a seno nudo incurante degli sguardi allupati dei quindicenni. Si copre con la maglietta solo quando i ragazzini "casualmente" passano vicino a lei. Poi ne controlla i movimenti e si riscopre mettendo in mostra due tette enormi. Non quelle sfrontate delle ventenni, ma quelle mature e invitanti delle loro mamme.
Mi avvicino e mi siedo su un masso a quattro metri da lei che mi nota e non dimostra di essere infastidita. Un paio di occhiate, due sorrisi e il ghiaccio si rompe nella maniera più classica e banale. "Scusa - mi dice -- avresti una sigaretta da offrirmi?" Lo sa benissimo che ce l'ho, ne ho appena spenta una mentre ci guardavamo a distanza.
Ecco, mi avvicino. Due frasi di circostanza, banali quanto il suo approccio. Poi l'affondo, o la va o la spacca. "Sei sola, in topless, circondata da ragazzini arraapati alla vista delle tue splendide tettone. Non ti dà fastidio?". "Un po'" risponde lei che poi maliziosa aggiunge: "Ma lascia che si eccitino, sono giovani, ronzano qui attorno da un po' e non hanno in coraggio di avvicinarsi. Insomma, sono innocui". E dicendolo mi guarda fisso negli occhi.
E allora le offro la soluzione: "Perché non ci spostiamo a prendere il sole in un angolino più appartato? Conosco una spiaggetta nascosta tra gli alberi dove saremo lontani da sguardi indiscreti". Neppure mi risponde, raccoglie le proprie cose nello zainetto e infila la maglietta. "Sono pronta, andiamo".
Ci infiliamo nel bosco distante almeno 150 metri e raggiungiamo una zona di sabbia dove lei stende l'asciugamano da spiaggia e si sfila la maglietta restando con un paio di slip brasiliani che da soli meritano l'erezione.
Io sflilo i jeans, non ho il costume, ma poco importa perché lei mi toglie i boxer e prima che abbia tempo di dire mezza parola inzia a farmi un pompino profondissimo e salivoso. Si attacca all'uccello come se non ci fosse domani guardandomi fisso negli occhi. Poi si toglie gli slip e si siede su di me mugolando di piacere. La guardo e vedo che ride. Cosa c'è? "C'è un guardone che ci sta osservando tra gli alberi e si sta masturbando follemente". Echissenefrega. Anzi, per farci guardare meglio mi alzo, la faccio appoggiare a un albero e la scopo in piedi.
"Non venirmi dentro" dice tra un sussulto e l'altro. Non preoccuparti, da quando ho visto le tue tettone sogno di sborrarci sopra. Cosa che puntualmente avviene dopo un'oretta di circo equestre. Esausti ci sdraiamo sull'asciugamani, con due o tre fazzoletti di carta le pulisco quel seno che farebbe resuscitare un morto.
"E' stato un piacere" le sussurro nell'orecchio. "Anche per me - dice -, ma ora devo proprio scappare, a casa i ragazzi si staranno chiedendo che fino ho fatto".
Si riveste, fa su la sua roba e corre via. A metà strada si ferma, si volta e mi saluta con la mano. "Ciao...." urlo io di rimando. Già, non le ho neppure chiesto come si chiama.